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* le tracce GPX sono sviluppate a livello amatoriale e non sono testate.
L’itinerario segue il Percorso della Memoria, inaugurato nel 2011, nei boschi sul confine tra i Comuni di Invorio e Paruzzaro, in onore dei Caduti per la libertà durante l’episodio passato alla storia come l’Eccidio di San Marcello – 28 marzo 1945.
Il percorso, immerso nel silenzio dei boschi, ricorda uno per uno i giovani partigiani che tra queste colline sacrificarono la loro vita per liberare l’Italia dall’oppressione nazifascista. Lungo l’itinerario sono riportate le preziose testimonianze di quanti videro e vissero queste giornate di orrore e riuscirono a scampare alla morte, portando a noi i ricordi di quelle atmosfere di paura ma anche di grande senso del dovere verso la propria patria e i propri connazionali.
Erano giorni che dalla sponda cusiana giungevano voci di rastrellamenti ad opera delle formazioni fasciste e i partigiani che presidiavano le zone di Invorio e dei paesi limitrofi sapevano che sarebbero arrivati anche a loro, era solo questione di tempo. E così fu! Il boato di uno sparo proveniente dal distaccamento di Rosso a Moredo (cascinale che si trova in Sereia di Invorio) allertò il Battaglione Emilio che si era riparato nella zona di San Marcello. Era la mattina del 28 marzo 1945 e i fascisti compirono l’ultimo grande rastrellamento della zona compresa tra Borgomanero, Gozzano e Arona.
Quel giorno l’attacco fascista fu particolarmente brutale nelle modalità e uccise 9 giovani partigiani, che furono poi “raccolti e pietosamente ricomposti dagli abitanti del luogo, parte alla chiesa del cimitero di Paruzzaro, parte alla chiesa di Invorio”, come ricorda la testimonianza di Antonella Braga in “La storia siamo noi”.
Nove lapidi vennero poi posizionate là dove vennero rinvenuti i nove corpi: Ugo Ballerini 19 anni, Mario Bertona “Vento” 22 anni, Filippo Leggeri “Memo” 24 anni, Carlo Garzonio “Nuvola” 19 anni, Giacomo Godio “Tom” 20 anni, Amleto Livi “Matteotti” 15 anni, Edmondo Negri “Generale” 23 anni, Angelo Piantanida “Brighin” 18 anni e Piero Quirini “Qujri” 18 anni.
“I tedeschi chiamavano banditi i partigiani, perché non avevano una divisa e non li consideravano sotto la protezione della Convenzione di Ginevra, non avevano esitazione a fucilarli senza alcun processo dopo la cattura. Ma la popolazione dei nostri paesi mostrava invece di considerarli proprio come dei liberatori e la storia oggi ci conferma che tali furono. La storia delle nostre brigate ci dice però anche qualcosa di più, […] la lotta di resistenza fu anche lotta di civiltà e di cultura contro la rozzezza, la barbarie, lo sterminio di inermi, l’esaltazione della violenza e della guerra, il razzismo.” Parole di Guido Petter, partigiano in Val d’Ossola.
L’itinerario, scostandosi brevemente dal tracciato del “Percorso della Memoria”, porta al masso coppellato di Barquedo.