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* le tracce GPX sono sviluppate a livello amatoriale e non sono testate.
Punto di partenza di questa escursione è la stazione di Santa Maria Maggiore della linea Domodossola-Locarno della centenaria Ferrovia Vigezzina-Centovalli.
Come molte altre valli ossolane anche la Val Vigezzo sfoggia alcuni borghi ricchi di architetture che possono ricordare più una cittadina che un paese di montagna. A questa ricchezza hanno fortemente contribuito i tanti emigrati che, una volta fatta fortuna all’estero, tornavano a dare lustro al proprio paese regalando alla propria famiglia comode, ampie e riccamente decorate abitazioni. La casa, infatti, era l’espressione della condizione sociale dei proprietari e, proprio come in città si costruivano alte facciate, in questi paesi si costruivano grandi camini.
Lungo l’itinerario si incontrano numerosi piccoli borghi, conosciuti anche per essere i paesi natali di emigrati di successo, come il piccolo borgo di Zornasco, paese in cui nacque Pietro de Zanna che, emigrato a Vienna, nel 1834 inventò il primo calorifero ad aria calda. A Crana nacque Giovanni Paolo Femminis che, emigrato in Germania nel 1727, ideò un’essenza lenitiva, passata poi alla storia come “Acqua di Colonia”.
Una breve deviazione lungo l’itinerario, a poca distanza dall’oratorio di Santa Marta di Craveggia, porta a costeggiare un giardino in cui svetta un faggio rosso purpureo, alto 35 mt e con la circonferenza pari a 4mt, inserito nell’elenco degli alberi monumentali del Piemonte.
Proprio a Craveggia, borgo con un grande patrimonio culturale e architettonico, nella chiesa parrocchiale dei Santi Giacomo e Cristoforo, è custodito il “Tesoro di Craveggia”. Si tratta di una vera e propria ricchezza, giunta in Val Vigezzo grazie al legame di alcuni emigrati gioiellieri con i reali di Francia, il pezzo più celebre è infatti il manto funebre di Luigi XIV.
L’itinerario segue in parte il tracciato dell’antica via del Mercato, questo percorso mette in comunicazione Domodossola e Locarno e, in tempi antichi, era la via percorsa dalle genti della valle che, spinti dall’impossibile autosufficienza alimentare, raggiungevano i mercati cittadini per rifornirsi di tutti quei prodotti che provenivano dalla fertile pianura.